Chissà quanti nel mondo sono stati, sono lì, da soli o insieme ad altri, a ideare, progettare, realizzare oggetti per la vita di tutti noi, e dopo chissà quanti di questi oggetti sono stati, sono, saranno buttati e magari ritrovati chissà dove e in qualche modo riusati.
Ecco questo è quello che con grande entusiasmo cerco di fare da diversi anni:
il riciclaggio artistico
La mia formazione artistica mi ha sempre fatto vedere, anche a causa di una visione da grafic designer, l’oggetto-materiale che cerco di riutilizzare come un reperto che ha diritto di vivere un’altra vita in cui la dignità estetica, l’efficacia formale del design-progetto che lo contraddistingue, possa essere abilitata oltre la funzione per cui è nato, diventando parte di un pesce, di un bufalo o di un coccodrillo albino.
Tutto è partito da una spiaggia vicino a casa, dopo una bella libecciata – raccogliendo alcuni pezzi di legno logoro, anzi erano già parti scomposte di un buffo pesce spada…
La caccia al materiale sulle spiagge è un momento importante e alle volte stancante e comunque fa bene alla salute perché si respira aria buona.
Fino a quando non ci sei non puoi sapere cosa il mare ti ha restituito: legno, plastica, metallo, materiali logorati dall’acqua, dal sole e dal vento, inizi ad osservare a 360 gradi poi ti cade l’occhio su un grosso ramo o su una tanica colorata, la casualità dei ritrovamenti è alla base dei possibili riutilizzi espressivi.
L’assemblaggio avviene poi con materiali provenienti da altri luoghi, come discariche, soffitte, magazzini, uffici, abitazioni di parenti, di amici: dovunque ci sia qualcosa di utile alla causa, porto via…
Sono tante le persone che conosco che mi portano in laboratorio oggetti che magari avrebbero buttato nel cassonetto e invece, visto il riuso che faccio di vecchie moka o di ferri da stiro, me li ritrovo davanti alla porta.
Sono molto lucido, quando lavoro!?
Ho sempre un disegno in testa, progetto, impagino su carta un pesce ricco di particolari oppure di estrema sintesi grafica, poi mi guardo in giro e spesso la lucidità iniziale lascia il posto ad un caos mentale controllato in cui cerco il pezzo giusto da usare, cioè improvviso!
Questa alternanza del momento creativo è forse la più intima e inviolabile dimensione del mio lavoro che mi fa pensare e dire: che uomo fortunato sono.
Stefano Pilato